Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini

lunedì 6 giugno 2011

4 referendum, 4 sì/1

A dare una delega in bianco ai partiti, camerieri dei poteri forti, non vado da anni. Ma i referendum sono tutta un’altra storia. Lì non infili una scheda nell’urna per farti comandare da Cicchitto o Franceschini. Il tuo voto è senza mediazioni, limpido e diretto. Si chiama appunto democrazia diretta. Ai referendum di domenica e lunedì prossimi andrò e segnerò il mio sì a tutti e quattro. A naso, credo che a recarsi ai seggi saranno più gli italiani che solitamente li disertano (stanno arrivando al 40%, quasi uno su due) che non gli abituali tifosi delle opposte curve. Acqua, nucleare, legge uguale per tutti: problemi veri, non le avvilenti alchimie di coalizione e i bizantinismi della partitocrazia. Spero che lo capiscano anche gli elettori di centrodestra. Spero che non si facciano intimorire dal fatto che a promuoverli sia stato Di Pietro e che oggi certo centrosinistra li cavalchi, smentendo le liberalizzazioni bersaniane di un tempo, solo per un insulso tornaconto politico a breve termine. Non entro nel merito tecnico dei quattro quesiti, che chiunque può approfondire con un semplice click nel mare magnum di internet. Mi limito a fornire per ciascun tema il perché del mio quadruplo, convinto sì.
Dopo più di venti anni dal no che affossò il nucleare in un’Italia scioccata da Chernobyl, la carcassa fumante di radiazioni dei reattori di Fukushima è sinistramente provvidenziale per far aprire gli occhi agli incerti sull’uso della tecnologia nucleare, costosa e anti-ecologica (scorie). In ogni caso sono contrarissimo per due motivi. Uno: non si vede perché mai si debbano regalare a costruttori, multinazionali energetiche e crimine organizzato (mercato nero dell’uranio) montagne di miliardi pubblici con cui ingrassarsi più di quanto non siano già grassi alla faccia della gente che fatica a campare. Il lobbismo che macina affari nello squallido retrobottega della politica è il cancro della sedicente democrazia. Secondo: se la prospettiva per salvare l’unico mondo che abbiamo è invertire la marcia suicida della crescita illimitata, pensare di continuare con questi ritmi di vita e di produzione e anzi di alimentarli perché si estendano di volume e vadano ancora più veloci, significa peggiorare le cose. Io, di questa follia, non intendo essere complice.
Sull’entrata a gamba tesa dei privati nella gestione dell’acqua, non c’è solo una questione di principio, e cioè che l’acqua è un bene pubblico e dall’alba dei tempi a nessuno è stato mai negato un sorso, ovvero, fuor di metafora, la disponibilità a fruirne liberamente. Già questo basterebbe. Ma anche ammesso che le amministrazioni pubbliche non riescano a sostenere le spese per mantenere un servizio d’erogazione efficiente, allora mi si deve spiegare a cosa serve ancora il pubblico. Se non garantisce più nemmeno l’acqua, tanto vale che vengano privatizzate pure la polizia, l’esercito, la magistratura e via di questo passo. Ormai non c’è nessuna remora alla logica del profitto. Invece bisogna affermare chiaro e forte che un limite esiste. Ci tolgono tutto, bisognerà pure ricominciare a dire dei no.
E veniamo al referendum più assurdo: l’abrogazione della legge sul legittimo impedimento, il lodo Alfano salva-premier. Dico assurdo perché se diventa necessario ricorrere al popolo per ripristinare il principio cardine su cui dovrebbe reggersi una democrazia, l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, vuol dire che il parlamento è composto da una manica di sovversivi cialtroni. Sovvertono lo stesso ordinamento da cui il loro potere trae legittimazione, e lo fanno nella più indecente incoscienza, pensando che l’interesse particolare del cittadino Silvio Berlusconi coincida con quello dell’Italia. Naturalmente, nell’armata di avvocati-parlamentari berlusconiani la malafede abbonda. Ma quello che fa torcere le budella è il fatto che nello scardinare le istituzioni e piegare la legge ai propri scopi non si rendono conto di fare carne di porco del residuo senso civico degli italiani. Segano il ramo su cui sono seduti. Comunque il nocciolo della questione è etico, non giuridico: il senso di profonda ingiustizia che suscitano leggi ad personam con il lodo Alfano è talmente forte che non si può non votare sì.
In un sistema in balìa di oligarchie politiche ed economiche com’è il nostro, questi quattro referendum  rappresentano l’occasione per mandare un segnale agli oligarchi. Almeno questo facciamolo, per far sapere che non abbiamo subìto. (a.m.)



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