Io non sono sempre delle mie opinioni. G. Prezzolini
venerdì 4 settembre 2015
La domanda senza risposta
E s'insinua, strisciando sotto la pelle delle giornate, uscendo di notte - la notte che dona incoscienza, l'unica via di scampo in vita - prorompendo dalle cicatrici passate e dalle ferite presenti, avvolgendo lentamente e inesorabilmente le sensazioni, inghiottendo in un nero opaco le occupazioni e preoccupazioni, eccola, ecco che arriva, ecco farsi strada e prendere il suo posto nel nostro sangue, in silenzio e bruciando come sale nella carne tagliata e ansimante la domanda che annega e fa il vuoto dentro e intorno: perché?
mercoledì 12 agosto 2015
Morte agli imbecilli!
“La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia”, Ennio Flaiano
Un mio
vecchio amico - vecchio per conoscenza e vecchio d’età, e tu non sei tipo da
avertene se chiamo le cose col loro nome, vero vecchio mio? – mi ha fatto una
confidenza non priva di una certa sfrontatezza: «mi consola l’idea che quando sarò morto resterà qualcuno come te
che continuerà l’eterna guerra agli imbecilli».
Non più
giovane, ma molto più giovane di spirito del novantanove per cento delle mezze
seghe di 20-30 anni (e anche di 40), con un acutissimo senso dell’ingiustizia e
della libertà, cupido d’ozio e di sterminate letture, moralmente tutto d’un
pezzo ma alieno dal moralismo bacchettone degli intellettualoidi che benpensano,
questo mio caro amico non poteva farmi complimento migliore. Ma amaro come il
fiele: a combattere contro gli stupidi (vaste
programme, De Gaulle) si sa in partenza che sarà una battaglia perduta.
E proprio
qui sta l’augurio che mi lusinga: solo le cause perse sono davvero, fino in
fondo, nobili. Perché non saranno mai macchiate dal pericolo, che è certezza,
di venir corrotte dall’inevitabile arroganza tipica del vincitore. Caro amico, sconsolati
pensieri come il tuo fanno sentire meno vano questo inutile “tirare innanz” che
è la vita. a.m.
lunedì 27 aprile 2015
Qualcosa di personale. Ma anche no
Nel mio
lavoro ogni tanto qualcuno, sentendosi preso di mira da articoli di critica o
polemica, crede che io li scriva mosso
da motivi personali. Quindi, ad esempio, se conduco una campagna
giornalistica su un politico in vista, un esponente istituzionale o un privato
coinvolto in casi di pubblico interesse, significa che ce l’ho con lui, perché mi
sta sulle balle per una qualche mia arbitraria antipatia. Non è vero niente,
ovviamente. Le cose sono molto più
semplici ma allo stesso complicate, per un certo tipo di mentalità
corrente. Dovrebbe essere semplice afferrare il principio per cui un
giornalista, nel far emergere magagne e responsabilità, focalizza la propria
attenzione sulle persone a cui ritiene di addebitarle. Prove e fatti alla mano,
s’intende.
Lapalissiano?
No. Purtroppo, per chi ragiona con il metro esclusivo dell’interesse personale,
è estremamente difficile comprendere chi agisce in base a regole
disinteressate, impersonali. Specie se potente e abituato a risolvere tutto con un
bel do ut des, il personaggio offeso
non arriva proprio a capire perché mai si punti il dito sui suoi problemi. Non
inquadra, l’ingenuo ipocrita, che se ficco il naso è perché i suoi problemi non
sono suoi: sono anche miei e di tutti. E se è
pure assuefatto da una stampa lecchina al tappeto rosso e ai salamelecchi,
pensa addirittura che il rompicoglioni che gli scrive contro sia un individuo
malvagio, incattivito, con turbe psicologiche.
Retropensiero
del padrone del vapore: ma guarda questo scribacchino, invece di starsene buono e pensare ai fatti suoi,
scarabocchia sangue e merda rovinandomi l’immagine! Sopravvaluta se stesso, il
pallone gonfiato: non scriverei più una riga, su di lui, se la sua esistenza
smettesse di avere un risvolto pubblico. E sottovaluta il sottoscritto, e l’orgoglio
di chi fa il mio mestiere per il gusto del mestiere, di farlo bene fino in
fondo. Lui avrà il potere e i quattrini, a noi cacciagrane lasci almeno la
durezza della buona fede – il narcisismo dell’altruismo. Diceva Nicolás
Gómez Dávila: “giornalismo è scrivere esclusivamente per gli altri”.
giovedì 22 gennaio 2015
Il blues di Sileno
Io non sto con chi non conosce il muro cieco
della solitudine. Non sto con te che credi alla felicità e non alla gioia. Non
sto con chi s’accomoda nell’indulgenza di sé. Non sto con l’illuso che si racconta
le bugie perché preferisce dormire la notte ed essere sonnambulo di giorno. Non
sto col prossimo mio che ama me come il suo cane: mi porta a pisciare, mi
accarezza, mi accudisce ma solo perché vede in me il fedele bipede da
compagnia. Non sto con chi legge il libro della speranza al contrario, e non
capisce che la speranza è l’ultimo dono malefico di quella gran puttana di
Pandora. Non sto con chi non sente un fremito di vergogna nel sopravvivere a
sbafo della propria piccolezza di uomo, miserabile che porta il peso della
coscienza – che possa crepare annegata nel mar color vino dell’abisso, la
coscienza tutta sudicia di polvere e ghiaccio…
Io sto con chi cammina a testa alta col
cuore bucato e gli occhi lucidi di disincanto. Sto con chi ha la suprema dignità
di tenere il dolore nella cantina dei propri segreti, assieme a qualche
bottiglia di lacrime e ricordi distillati senza pietà. Io sto coi balordi
indesiderati alla cassa, con gli estremisti dell’attimo perdente, con gli
scapigliati che mangiano zuppa d’angoscia e la risputano come nettare d’ambrosia.
Io sto con te che chiami il tuo vicepresidente il vicemerda, e il tuo
presidente non hai bisogno di chiamarlo, indovina cos’è?
Sto con te che sei uno spostato perché non
ti muovi neanche a cannonate dalla tua coerenza. Sto con te che uccidi te
stesso ogni giorno un po’, così da arrivare spavaldo di fronte alla tua ombra.
Sto con te che non sai che farci, con la tua vita, perché non l’hai scelta e
sai bene che aveva ragione Sileno: era meglio non nascere. Ma sto anche con te
che fai le ore piccole perché hai pensieri grandi e sogni timorosi del
risveglio. E sto con te che vuoi vincere ma sai di perdere, e resti in trincea
a sparare in una guerra che non avrà mai fine. Sto con te che racconti
barzellette alla morte che sta dietro alla tua spalla destra e ride con te, e di
te.
Sto coi commedianti senza pubblico, coi
luridi dall’animo candido, con chi marcisce in un paradiso tutto suo, con gli
irregolari con una loro regola, con i bluesmen che scrivono spartiti senza
suono, coi vecchi che contano le rughe come le tacche di avversari vinti in una
lunga inutile onorevole battaglia, coi giovani che innaffiano di letture
velenose la volgare spensieratezza degli anni che rimpiangeranno, coi
contaminati dalla barbarie della sensibilità, coi figli di nessuno e i
balbuzienti dell’istinto.
Sono al fianco di chi è tormentato dall’arpia
della ragionevolezza e vorrebbe buttarsi nel sangue di una grande impresa. Sono
con chi ama l’infinito in una pozzanghera e, guardando dentro, non ci trova uno
straniente di niente. “L’uomo è un animale malato”.
Iscriviti a:
Post (Atom)